venerdì 10 aprile 2009

A CURSED NIGHT


La musica nelle orecchie, Evening Falls, di Enya. E le dita che si rincorrono sui tasti, si fermano, tornano indietro, correggono, ricominciano a correre. Forse vogliono illudersi che sfuggiranno al mondo banale fuori della finestra. Forse vogliono che il tempo si fermi,sì, che torni indietro, che riscriva la loro storia e poi torni a tessere la trama di un nuovo giorno. Forse vogliono questo. O metà di tutto questo. Non so cosa vogliono. E non so cosa voglio io. Chiudere gli occhi, in questo momento, basterebbe. Sono le cinque del mattino e sono già sveglia. E’ strano, ma non impossibile.
Per me, il mondo si muove in continuazione, anche quando sono sobria. Figuriamoci quando sono sbronza. Si muove fin troppo, cambia troppo spesso. Tutto scorre...Panta rei...Solo io non cambio. Io sono sempre la stessa, insofferente idiota che aspetta che le passi il mal di mare. Forse io non sono fatta per questo mondo. Questione di affinità. Mi guardo intorno e scopro, indovina cosa?, che tutto cambia. Il cielo non è mai lo stesso, la luna ha mille facce, il sole c’è e non c’è, gli amori finiscono, i ghiacci si sciolgono, i pinguini si estinguono, la gente si riconosce a malapena, e poi muore. Prima o poi morirò anch’io, senza ombra di dubbio. Ma un dubbio ce l’ho ancora: cambierò mai, io? O resterò sempre in piedi, ad aspettare che il mondo si fermi per farmi scendere? Non lo so. Non so ancora cosa voglio. Cosa posso volere? Magari scrivere ancora per molto, molto tempo. Le mie poesie non cambieranno il mondo. Non sono una rivoluzionaria. Non sono Neruda. Magari lo fossi. Avrei meno complessi di inferiorità. Neruda era il poeta dell’amore, della gioia. Non è felice, uno che scrive: Nuda sei semplice come una delle tue mani,/ liscia, terrestre, minima, rotonda, trasparente,/ hai linee di luna, strade di mela,/ nuda sei sottile come il grano nudo ? Beh, io non sono esattamente felice. Mi adatto. Almeno, ci provo. Non riesco neanche a far finta di cambiare. Ho il fiatone. Tutto corre troppo veloce. E io ho le gambe corte e sono grassoccia. Rallento, quasi mi fermo, arranco. E resto a guardare.
Fuori piove. Ha il suo fascino, appoggiare la testa al vetro freddo della finestra e sentire il mondo che rallenta anche lui, che respira, che medita. E’ come ascoltare un cuore che batte, che accelera, che alla fine riprende il suo passo. Forse mi sbaglio. Forse, a qualche metro, il mondo è sempre lo stesso. Corre, non guarda in faccia a nessuno, progredisce, sale. Come in quel quadro di Boccioni, La città che sale. Dove c’è un cavallo imbizzarrito che sembra fatto di pioggia, di tante gocce affusolate di colore che vibrano anche se sono immobili. Il miracolo degli artisti. Rendere tutto il contrario di tutto. Rendere mobili, quasi vivi, il colore inerte, quello che vedi nei manifesti pubblicitari, quello della stoffa di un vestito, dell’asfalto, del mare...e magari anche la parola comune, quella sulla bocca di tutti, quella più nascosta, quella dimenticata in qualche libro perchè anche lei arranca per stare al passo col mondo e un giorno finirà per arrendersi. Mi sforzo di capire come si fa un miracolo del genere con le parole. Dev’essere un miracolo difficile. Difficile quanto resuscitare Lazzaro. E io non sono Gesù Cristo. Non voglio essere blasfema. Non so neanche come si fa, del resto. Ubriaca, ho più stronzate da raccontare, suppongo. Sono le cinque e ho fame. Ma il mio bisogno di blaterare è più forte della fame. E allora. Conoscete Munch? Edvard Munch? Quello dell‘ Urlo... Beh, lui sì, che è blasfemo...Dipinse una Madonna nuda, con l’aureola rossa, con una cornice di spermatozoi e un feto in basso a sinistra. Adoro quel quadro. Non riesco ad essere blasfema, ma ammiro chiunque ci riesca, volontariamente o no. I blasfemi non sono cattivi. Solo, danno il giusto peso alle cose. Io non ci riesco. Mi preoccupo troppo del futuro, del Giorno del Giudizio, dei mostri sotto il letto...che ne so...sono una vigliacca, me lo dico ogni mattina. Scrivo poesie e non riesco a pubblicarle perchè non sopporto le critiche.
Sono così. E mi preoccupo di cambiare. Forse non dovrei. Se proprio devo, magari solo un pò. Giusto per provare a vedere se riesco a non sentirlo stretto, questo mondo che sale. Magari ora chiudo gli occhi, esprimo un desiderio e li riapro. Forse cambia qualcosa, forse no. Un’altra volta, magari. La musica è cambiata, già da un pò. Sempre Enya, Watermark. Stasera sono triste, ho un pò di ricordi da mettere da parte, in archivio, in una scatola di cartone che un giorno riaprirò. Darò una sbirciata a quello che c’è dentro e poi la richiuderò. Magari qualche profumo, qualche brivido, resterà nell’aria e mi cullerà prima di dormire. Il giorno dopo sarà svanito. Ma non del tutto. Tutto cambia, l’ho già detto. Ma nulla muore del tutto.
Munch, sempre lui, diceva:
Dal mio corpo in putrefazione cresceranno dei fiori e io sarò dentro di loro: questa è l'eternità.
Accidenti. Qualcuno mi ha detto che l’alcol cura la tristezza.

Cazzate.

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